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  NOSTRA DEA - ANNA VENTURA
  Nostra Dea             
E’ di bronzo,
alta pochi centimetri.
Ha un cappello a cuffia
e due mantelli.
Sorride buona, un po’ arguta,
come le nostre contadine.
Come loro divarica i piedi,
apre le braccia:
offre e accoglie.
Io lo so,
perché sorride:
nella mano destra ha una focaccina
tonda, con le spighe:
è il suo dono, la sua ricchezza:
il cibo, la casa, la famiglia.
Altri hanno la Venere di Milo, altri
La Nike di Samotracia. Noi
Abbiamo lei, e la chiamiamo
La Dea di Rapino.
***

 
  La terra del Minotauro             
Questo terrazzo bianco,
chiuso da un muro bianco,
ha una bifora aperta
sul verde del giardino,
sul rosso dei fiori d’ibiscus.
Il mare segna l’orizzonte,
oltre le cime degli ulivi.
E’ il mare fermo degli dei,
mentre la terra- del colore del sangue-
appartiene al Minotauro.
Sul terrazzo c’è un tavolo rotondo
Con due poltrone.
Sul tavolo un cesto di frutta
- uva, prugne, una mela-
ornato di foglie d’ulivo,
una brocca di coccio
col vino rosso e il bicchiere.
L’aria è tiepida e tersa,
la stessa del tempo del mito,
un tempo eterno,
che qui è nato e qui resta.
L’avevamo intuito
Nel racconto dei libri,
nella fatica delle traduzioni,
nei lunghi inverni di studio desolato.
Ora è qui, e mantiene la promessa,
lo splendore dei Greci.
Sul filo dell’orizzonte
passa la nave di Argo,
carica del Vello d’oro.
***

 
  L’amara stirpe             
Non chi sta sulla nave,
ma chi resta, di sera,
sulla banchina dell’isola piccola,
è colui che veramente parte.
Dopo aver salutato con la mano
La nave che veloce si allontana,
tornerà alla casa spoglia,
all’acqua razionata, alle cento scalette
che salgono sull’erta.
L’amara stirpe di Penelope
Conosce questi inganni; restare
Per partire nella lontananza del cuore,
nel silenzio dell’isola remota: Ulisse
vada ramingo: il mare è tanto grande.

 
  Sorelle             
In un pomeriggio torrido d’estate
Due donne sedevano in terrazza, all’ombra,
su due poltrone parallele. Avevano
i loro anni e sapevano
di aver giocato tutte le carte:
alcune bene, altre male, altre
malissimo. Ma ormai c’era poco da cambiare.
“ Il caldo,- disse la prima-
allontana più del freddo:
senti quest’afa; non c’è un’anima, in giro.”
“E’ vero- disse l’altra.-L’isolamento è forte.”
“Sorella, fammi un caffè.”
L’altra si mosse e poco dopo
tornò con le due tazze:
sentirono allora che,
nel gran vuoto rovente,
erano sorelle.”

 
  La tigre             
Il fuoco del bivacco è quasi spento.
Se una fiamma buca l’ombra,
è la tigre.

 
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  L'Opera             
Nostra Dea

(poesie)

ESUVIA, Firenze, 2000

cm.20x12

Sono 35 componimenti poetici, divisi in 4 sezioni:

La terra del Minotauro; Un fantasma di rosa; IL Castello; Nostra Dea
Prefazione di Liliana Biondi

 
  Dalla Prefazione di Liliana Biondi (Università dell’Aquila)   Liliana Biondi          
“La poesia della Ventura si offre spesso in forma descrittiva: sembra nascere dalla visione di un’immagine pittorica, oppure fotografica; essa, in realtà, trae la sua prima origine dagli occhi, dallo sguardo vivace, passionale e sensibile che la poetessa posa sugli oggetti, sugli animali, sulle persone ; non, tuttavia, per fissare i singoli elementi nella loro immobilità materica; piuttosto , per evidenziare la vita che vibra in ciascuno di loro, e che ciascuno emana in armonia con l’ambiente circostante, e per carpirne e decifrarne quel linguaggio segreto che solo uno spirito bene educato alla cultura e all’arte sa cogliere e tradurre in parola poetica, in special modo quando gli oggetti, gli ambienti, le atmosfere identificano in un certo senso le persone che di quel mondo sono parte.
 
  “Il Tirreno”, 26/08/2001   David Fiesoli          
“I versi sono di ampio respiro eppure brevi: tutto si deve alle terre che attraversano e alle figure che dispiegano (…..)La poesia della Ventura riscatta tuttavia chi del viaggio avverte la parte più dolorosa: il restare,”
 
  Giudizio Critico di Elena Salibra (Università di Pisa)   Elena Salibra          
“Dietro le righe si percepisce la realtà in movimento di un viaggiatore che percorre mille itinerari, cercando di mettere a fuoco tante immagini minime, che d’un tratto si ingrandiscono a dismisura per farsi eterne. E’ la mimesi della vita nel suo srotolarsi quotidiano ,che, mentre sperimenta l’effimero, coglie l’indelebile e lo stigmatizza per sempre.
 
  Lettera del 4/10/2001   Mariella Bettarini          
“Mi sono resa conto appieno della ‘centralità’ di questo libro all’interno del tuo lungo ed importante lavoro.
 
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  Biografia             
ANNA VENTURA è nata a Roma, da genitori abruzzesi. Laureata in lettere classiche a Firenze, agli studi di filologia classica- mai abbandonati- ha successivamente affiancato un’attività di critica letteraria e di scrittura creativa. Ha pubblicato sette raccolte di poesia, sei di racconti, due romanzi, sei volumi di saggistica. Ha curato cinque antologie di poeti contemporanei. Ha conseguito vari Premi, tra cui quello della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Tagliacozzo, il Chianti ,il Lerici-Pea, l’UTET, l’Esuvia per la poesia; il Giusti-Monsummano, il Parise, il S. Margherita per la narrativa; il Tagliacozzo per la critica. I suoi diari sono depositati presso l’Archivio Nazionale del Diario di Pieve Santo Stefano (AR). E’ socia del P.E. N. Club Italiano.
 
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"When the petrodollars run out — which they eventually must — Islam will come crashing down, freeing up hundreds of millions of people to find a better, more humane framework in which to live their li&qu.vesot;no, it just meens that they will all be poor as opposed to just mostly poor.islam thrives in grinding poverty.
 
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